Dall’Italia agli Stati Uniti, passando per l’Europa e la Cina: quella di Andrea Albertini è la storia di un manager che ha fatto della visione globale il suo punto di forza. Oggi è alla guida della Global Distribution and Technology di Henry Schein, il più grande provider mondiale di soluzioni per studi medici e dentistici. In questa intervista racconta il dietro le quinte di un’azienda da 12,7 miliardi di fatturato, le sfide di un settore in continua evoluzione e cosa significa vivere (e lavorare) nella città che non dorme mai.
Dottor Albertini, qual è il suo percorso professionale?
Lavoro in Henry Schein dal 2013, ma ho oltre vent’anni di esperienza nel settore medicale. Prima di entrare in azienda ero responsabile della divisione Medical Devices di un’importante produttore italiano, mentre Henry Schein figurava tra i miei più grandi clienti. Ho iniziato il mio percorso in Henry Schein come Vice President International Equipment basato nell’ufficio di Francoforte. Nel tempo ho assunto ruoli di crescente responsabilità: dal coordinamento delle sedi nel Sud Europa, a un progetto in Cina, fino alla guida dell’intera area europea. Prima di trasferirmi negli Stati Uniti, ho ricoperto il ruolo di CEO dell’ International Distribution Business.
E poi è arrivato a New York, con un nuovo ruolo…
Nel 2023 mi sono spostato a New York, dove si trova il quartier generale e oggi sono CEO del Global Distribution and Technology, un ruolo che include la supervisione della distribuzione mondiale, dei software e dei servizi a valore aggiunto.
Henry Schein è il più grande provider di soluzioni healthcare per gli studi medici e dentistici privati. Siamo tra le 500 aziende più grandi degli Stati Uniti, riconosciuti per la nostra etica e il nostro impegno nella responsabilità sociale.
La missione di Henry Schein è quella di fornire il più grande assortimento di prodotti, servizi e soluzioni per gli studi, inclusi servizi finanziari e software di gestione. Aiutiamo i professionisti nella gestione dello studio lasciandoli concentrare sulla cura dei pazienti.
Come si è strutturato il vostro lavoro durante la pandemia e quanto è cambiato dopo?
Il periodo della pandemia è stato ovviamente molto difficile dal punto di vista professionale e della gestione del business. Come può immaginare, la maggioranza dei clienti ha inzialmente chiuso lo studio per poi riaprire lentamentente ma con un’enorme richiesta di dispositivi di infection control. Nonostante la complessità di regole e normative di prodotto differenti per ciascun paese, Henry Schein ha avuto un ruolo fondamentale nell’aiutare i professionisti medici e dentali a riaprire gli studi, fornendo i prodotti necessari a garantire la sicurezza di operatori e pazienti. Quando finalmente l’emergenza è rientrata abbiamo assistito ad un’impennata delle visite presso gli studi, per recupeare i mesi persi. I nostri clienti a questo punto erano diventati ancora più attenti ed esigenti sui temi dell’igene e della protezione individuale, ma anche più “digitalizzati” e focalizzati sull’efficienza dello studio.
E c’è qualcosa che è rimasto da quell’esperienza?
Certo, una valutazione più approfondita nella selezione dei fornitori: la pandemia
ha fatto emergere come sul mercato fosse possibile reperire prodotti di scarsa qualità e spesso non omologati, venduti da fornitori improvvisati. Ha anche accellerato ancora di più l’utilizzo di canali digitali come l’e-commerce per l’approvvigionamento dei prodotti. Inoltre, con l’aumento dell’inflazione e dei costi, stiamo assistendo ad una crescente ricerca da parte dei clienti di prodotti alternativi ad un prezzo inferiore, ma sempre di alta qualità. Henry Schein offre anche una gamma completa di prodotti a marchio privato, proprio per rispondere a queste esigenze.
Operate in diversi mercati, come quello cinese e quello dell’Europa meridionale. Cambia l’approccio e la strategia nella distribuzione fra il mercato americano e quelli esteri?
I valori che esprimiamo come azienda e con la nostra offerta sono simili ovunque, ma i mercati sono molto diversi. Le differenze sono dettate soprattutto dal sistema di formazione di medici e dentisti e dal sistema sanitario locale. Ad esempio in alcuni paesi le spese per le cure dentali sono a carico dello stato, in altri sono totalmente a carico del paziente, in altri ancora sono rimborsate dalle assicurazioni. Queste differenze hanno un impatto diretto sulle scelte dei prodotti da acquistare e sugli investimenti per le attrezzature negli studi odontoiatrici.
Chiaramente, un’azienda come la vostra, che viene dall’America ed è un punto di riferimento nel settore medicale, porta innovazioni che potrebbero trasformare l’approccio medico in Europa. C’è qualcosa su cui state lavorando e che potrebbe essere un game changer?
Il nostro è un mercato globalizzato, i nuovi prodotti si muovono abbastanza rapidamente da un paese all’altro. L’Europa è un forte motore di innovazione, al pari di Stati Uniti, Giappone, Corea e sempre più Cina. Ciò detto, gli Stati Uniti restano il più grande mercato mondiale: per questo ogni produttore, anche se sviluppa un’innovazione fuori dagli Stati Uniti, mira subito a entrare nel mercato americano.
Un esempio che possiamo definire “game changer” è l’adozione dell’intelligenza artificiale some supporto dell’odontoiatra nella diagnostica per immagini e nella definizione dei piani di trattamento.
Prima diceva che per Henry Schein il mercato medicale, a differenza di quello dentale, è legato soprattutto all’America. Perché non si riesce a penetrare in modo significativo questo mercato all’estero?
È vero. Il nostro buisness medicale è molto grande negli Stati Uniti, dove la nostra azienda è nata e cresciuta. Henry Schein è specializzata nel servire i medici che operano fuori dagli ospedali: studi privati, poliambulatori… È un modello molto sviluppato negli Stati Uniti, che mira a spostare il paziente fuori dall’ospedale in tutte le occasioni possibili. Servire i medici che operano in studi privati è più vicino al nostro business storico, quello dentale.
Come è stato il suo trasferimento a New York?
Negli Stati Uniti – e a New York in particolare – il business è molto più dinamico rispetto all’Europa. Qui tutto si muove più velocemente, la cultura lavorativa è estremamente competitiva e orientata alla produttività, è un ambiente molto stimolante, ma anche faticoso. New York è una città incredibilmente eccitante, ma richiede ritmi altissimi. Si lavora molto, sia per il ruolo che ricopro, sia per all’approccio americano al business: è un lavoro che va avanti 24 ore su 24, 7 giorni su 7. In Europa tendiamo a prenderci più spazio al di fuori del lavoro, abbiamo periodi di vacanza ben consolidati e utilizziamo il weekend come momento per staccare. Qui è diverso.
E poi, ovviamente, c’è anche un aspetto personale: lasciare famiglia e amici è stato un cambiamento importante e il nuovo lavoro assorbe molto tempo, ma New York trasmette una forte energia positiva dalla quale è impossibile non farsi trascinare.
Prima mi parlava di Henry Schein come una delle aziende più etiche al mondo. Qual è il suo punto di vista?
Da parte nostra, c’è un impegno concreto basato su valori e cultura aziendale. Da anni siamo riconosciuti come una delle aziende più etiche al mondo da Ethisphere. I nostri valori fondamentali come trasparenza, etica, inclusione e sostenibilità, guidano da sempre il nostro comportamento, che ci impegniamo a mantenere anche davanti a differenti governi o con diverse situazioni di mercato. La cultura aziendale di Henry Schein resta sempre una costante e una priorità.
Una cosa che le piacerebbe introdurre della cultura italiana in America e viceversa?
Porterei qui un elemento della nostra cultura: la capacità di unire al business il piacere della socialità. Un pasto, per noi, non è solo lavoro, ma anche condivisione e conversazioni informali dalle quali spesso nascono rapporti più duraturi. È una parte importante della nostra vita, e in America manca un pò. Porterei invece in Italia la velocità con cui gli americani sono capaci di trasformare idee estrategie in azioni concrete: meno burocrazia e maggiore efficienza.
Un consiglio che darebbe a un giovane manager italiano che vuole venire negli Stati Uniti a lavorare in questo settore?
La scuola italiana, dal punto di vista manageriale, è eccellente. Abbiamo la capacità di trovare soluzioni ai problemi, di essere flessibili e creativi. Se combini la nostra formazione e attitudine con il loro approccio competitivo e pragmatico, si possono raggiungere grandi risultati. Naturalmente, serve voglia di lavorare sodo, con tanto impegno qui in America puoi davvero fare grandi cose.
L’articolo Andrea Albertini: il percorso di un manager italiano di successo proviene da IlNewyorkese.