A24 ha comprato un teatro a Manhattan per portare sul palco quello che ha fatto al cinema

Quando il Cherry Lane Theater riaprirà a settembre, dopo due anni di lavori, il West Village di New York ritroverà uno spazio familiare benché trasformato. Dietro la rinascita dello storico teatro, stavolta, c’è il marchio A24, l’azienda cinematografica americana che negli ultimi anni è riuscita nell’impresa di farsi notare (e apprezzare) sia dal pubblico cinefilo che da quello mainstream, grazie a una combinazione di fiuto editoriale e brillante strategia di branding.

A24 nasce nel 2012, in un modesto ufficio di Manhattan, fondata da tre produttori decisi a investire su un cinema libero da formule eccessivamente collaudate. Inizialmente distributore di pellicole indipendenti (il primo film lanciato fu l’anomalo e disturbante Spring Breakers di Harmony Korine), lo studio ha presto intuito che il pubblico più giovane era pronto per una narrazione diversa, meno rassicurante, a volte più sfuggente. Il punto di svolta arriva nel 2016 con Moonlight di Barry Jenkins, film che non solo ottiene tre Oscar, tra cui quello per il miglior film, ma diventa un vero caso culturale. Da allora, A24 ha consolidato la propria immagine puntando sistematicamente su pellicole che sfidano le aspettative, ma soprattutto ridefinendo il modo in cui gli spettatori si affezionano a un marchio cinematografico: oggi è comune vedere spettatori comprare merchandising di A24, come se fosse una band o un marchio di moda.

Michelle Yeoh in Everything Everywhere All at Once (2022)

Negli anni successivi, lo studio ha avuto il merito di intercettare i fermenti più originali nel panorama cinematografico mondiale, scegliendo autori emergenti e temi spesso marginali rispetto alla narrazione hollywoodiana tradizionale. Il successo internazionale di Everything Everywhere All at Once (2022), premiato con sette Oscar, conferma questa strategia di rischiosa originalità: un film complesso, surreale, con protagonisti poco noti al grande pubblico, e che nonostante ciò ha avuto un consenso trasversale e inatteso. Questa capacità di trasformare l’improbabile in fenomeno è forse la più evidente qualità di A24, che nel frattempo ha continuato a diversificarsi, sbarcando in tv con serie come Euphoria, definita “la serie della Gen Z” e capace di suscitare dibattiti profondi sull’adolescenza e la dipendenza, e più recentemente Beef, che affronta con ironia amara e violenza trattenuta le contraddizioni esistenziali della società contemporanea.

Zendaya e Hunter Schafer in Euphoria (2019)

L’investimento nel Cherry Lane rappresenta dunque un passaggio naturale per un’azienda che ha sempre giocato sull’intersezione tra linguaggi differenti. Nel rinnovare questo spazio, che dal 1924 ospita produzioni Off Broadway diventate celebri – come gli esordi teatrali di Sam Shepard o le prime incursioni sceniche di Barbra Streisand – A24 intende replicare dal vivo l’approccio curatoriale e sperimentale applicato sullo schermo. Il Cherry Lane non sarà un teatro convenzionale con abbonamenti e cartelloni rigidi, ma una piattaforma per spettacoli di varia natura, in cui le performance dal vivo saranno integrate da proiezioni cinematografiche e appuntamenti culturali di vario genere.

La direzione artistica è affidata a Dani Rait, ex talent scout musicale di Saturday Night Live: tra i primi appuntamenti figura una selezione cinematografica domenicale curata dalla regista Sofia Coppola, che inizierà con il film di culto Foxes (1980) di Adrian Lyne, dramma giovanile anni Ottanta poco noto al grande pubblico. Altri spettacoli comprenderanno performance comiche e surreali, come quella dell’artista Natalie Palamides, famosa per il suo lavoro sul clown contemporaneo e l’uso espressivo del corpo.

All’interno del teatro, inoltre, verrà inaugurato un ristorante curato da Frenchette Group, realtà gastronomica che a Manhattan ha già consolidato la propria reputazione collaborando con istituzioni culturali come il Whitney Museum. Il locale, chiamato «Wild Cherry», occuperà lo spazio precedentemente destinato a sala prove e black box theatre, con l’obiettivo di integrare il piacere del cibo con quello dell’esperienza culturale, secondo un modello sempre più diffuso nei grandi centri urbani.

Con il Cherry Lane, A24 entra dunque nella scena teatrale newyorkese in un momento particolare: negli ultimi anni la gestione commerciale di teatri Off Broadway è diventata una tendenza sempre più frequente, come dimostrano gli esempi di Audible e di altre aziende collegate a grandi gruppi di entertainment. La sfida di A24, adesso, è quella di mantenere intatta la propria identità di studio che produce contenuti originali e provocatori, ma anche di costruire uno spazio che sia percepito come autenticamente indipendente, libero da vincoli di marketing troppo invasivi.

L’operazione, dal punto di vista economico, non appare destinata a generare profitti significativi immediati. I posti del Cherry Lane sono solo 167, pochi per garantire incassi importanti, ma sufficienti per trasformare la sala in un laboratorio creativo e soprattutto in uno spazio di relazione diretta col pubblico, rafforzando ulteriormente un’identità aziendale già forte nel panorama culturale contemporaneo.

Il Cherry Lane, dunque, può diventare una sorta di termometro della nuova cultura indipendente americana, rappresentata oggi soprattutto da A24 e dai suoi prodotti trasversali e multiformi. Non è solo una sala, ma il tentativo di trasferire in uno spazio fisico un’idea di cinema e cultura capace di sfuggire continuamente alle definizioni tradizionali, così come hanno fatto finora molti dei film prodotti dalla casa americana. Sarà interessante vedere se questo esperimento riuscirà a trasferire al teatro l’imprevedibilità e l’energia che hanno permesso ad A24 di emergere e di distinguersi nel panorama globale del cinema indipendente.

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