Il 26 dicembre, il giorno di Santo Stefano, e è un giorno festivo in molti paesi europei, Italia compresa, ma per la maggior parte delle persone resta una data un po’ opaca: arriva subito dopo Natale, non ha riti domestici riconoscibili e viene vissuta più come un’estensione delle feste che come una ricorrenza autonoma. La ragione per cui si festeggia, però, è precisa e affonda nelle prime fasi della storia cristiana, quando il calendario liturgico venne costruito per dare un ordine simbolico agli eventi e ai personaggi fondativi della nuova religione.
Il 26 dicembre è dedicato a Santo Stefano non perché esista una data storicamente accertata della sua morte, ma perché la sua figura venne usata molto presto come contrappunto narrativo al Natale. Nei testi cristiani più antichi, in particolare negli Atti degli Apostoli, Stefano è presentato come il primo seguace di Gesù ucciso a causa delle proprie convinzioni. Al di là della dimensione religiosa, il racconto riflette il clima di conflitto che caratterizzava la Gerusalemme del primo secolo, attraversata da tensioni tra autorità romane, gruppi religiosi e nuove correnti interne all’ebraismo.
Secondo queste fonti, Stefano faceva parte di un piccolo gruppo incaricato di funzioni assistenziali all’interno della comunità cristiana, un segnale del tentativo, ancora embrionale, di strutturare un’organizzazione stabile. Il suo caso diventa rilevante soprattutto per il modo in cui viene descritto il processo e la morte: Stefano sarebbe stato giudicato dal sinedrio, il tribunale religioso ebraico, e ucciso per lapidazione. Questo dettaglio è uno dei pochi elementi che gli storici cercano di usare per collocare l’episodio in un contesto politico concreto.
Durante l’occupazione romana, infatti, la pena capitale era formalmente riservata alle autorità imperiali e veniva eseguita per crocifissione, come avvenne per Gesù. La lapidazione rientrava invece nella tradizione giuridica ebraica. Alcuni studiosi hanno ipotizzato che l’uccisione di Stefano possa essere avvenuta in una fase di instabilità amministrativa, dopo la rimozione di Ponzio Pilato dal governo della Giudea nel 36 d.C. e prima dell’insediamento di un nuovo procuratore romano. Altri ritengono più plausibile che si sia trattato di un’esecuzione informale, o di un linciaggio, o ancora di un tentativo andato male di punire senza uccidere, all’interno però di un periodo di forte tensione sociale e senza un vero procedimento legale riconosciuto.
La collocazione della festa di Santo Stefano il 26 dicembre, però, non ha un legame diretto con questi eventi, la cui ricostruzione resta incerta. In origine, la memoria di Stefano veniva celebrata in un’altra data, il 3 agosto, associata al ritrovamento delle presunte reliquie, un elemento tipico della costruzione del culto dei santi tra tarda antichità e medioevo. Solo successivamente la ricorrenza fu spostata a ridosso del Natale, all’interno di una sequenza pensata per affiancare alla nascita di Gesù figure considerate centrali nella narrazione delle origini cristiane, come Giovanni evangelista il 27 dicembre.
L’articolo Chi era Santo Stefano e perché lo festeggiamo dopo Natale proviene da IlNewyorkese.



