Toscana Promozione Turistica ha fatto tappa a New York:  “La nostra strategia per un turismo più autentico e sostenibile”

Nell’era del sovraffollamento turistico e del turismo mordi e fuggi, la Toscana sceglie di raccontarsi attraverso nuove chiavi di lettura, restituendo profondità e autenticità all’esperienza del viaggio. Lo fa con progetti come Toscana Diffusa, con itinerari alternativi, valorizzazione dell’artigianato artistico, e l’attenzione al ruolo delle donne nel turismo. A raccontare questa visione a New York, durante una trasferta istituzionale di promozione, sono stati Francesco Tapinassi, Direttore di Toscana Promozione Turistica, e Clara Svanera, Cultural Promotion Manager.

Francesco Tapinassi, qual è la sua visione da direttore? In che direzione sta andando Toscana Promozione Turistica?

Francesco Tapinassi
La sfida più grande per chi promuove destinazioni turistiche già molto note, come la Toscana, è quella di affrontare il tema del sovraffollamento. Le previsioni da qui a dieci anni parlano di un raddoppio dei voli e di un aumento del 50% del numero di turisti. Se già oggi la pressione è alta, possiamo immaginare cosa accadrà in futuro.

Il nostro compito è far venire le persone in Toscana, ma non avendo la “macchina del teletrasporto del capitano Kirk di Star Trek”, l’unico strumento che abbiamo è l’informazione. Possiamo aiutare il turista a scoprire anche ciò che va oltre i monumenti iconici.

Non possiamo impedire a qualcuno di andare a Firenze a vedere il David, soprattutto se è la sua prima volta, ma possiamo migliorare la sua esperienza. Possiamo suggerire alternative meno affollate, tempi di visita più intelligenti, come andare a San Gimignano il pomeriggio tardi invece che la mattina presto, o visitare Montalcino a 20 chilometri di distanza, che è altrettanto affascinante.

Questo rientra nella strategia del progetto Toscana Diffusa, che punta a valorizzare nuove destinazioni, nuove chiavi di lettura e nuovi temi di viaggio, affinché l’ospite possa apprezzare tutta la varietà dell’offerta turistica e culturale della regione. Questo vale per tutti i mercati, ma è particolarmente importante per quello americano, che rappresenta più del 65% degli arrivi a Firenze e il 75% nelle città d’arte: un livello di concentrazione superiore di 20 punti percentuali rispetto alla media degli altri paesi stranieri.

Dottoressa Clara Svanera, in questo contesto, qual è il suo ruolo e su cosa si concentrano i suoi sforzi nella promozione culturale e artistica della Toscana?

Clara Svanera
La cultura è uno dei principali strumenti di promozione della Toscana. Ma quando parliamo di cultura, non ci riferiamo solo a musei e arte: parliamo anche di cultura viva, come quella che si sviluppa nei laboratori di artigianato, da sempre presenti e ancora attivi nella regione.

Questi laboratori non sono solo luoghi produttivi, ma veri e propri centri di bellezza e creatività. Sono anche chiavi di narrazione, soprattutto per chi, come me, ha un background giornalistico. Cerco sempre la “chicca”, l’elemento narrativo inedito, qualcosa che stupisca e affascini. Negli Stati Uniti, dove siamo arrivati per il terzo anno consecutivo con nuove proposte, uno dei racconti che ha avuto più successo è stato quello del cappello di paglia.

Si tratta di una tradizione che risale al Rinascimento: già Cosimo I de’ Medici ne regalava agli ospiti aristocratici. La lavorazione della paglia ha avuto il suo apice tra Settecento e Ottocento, grazie anche a un imprenditore della vicina Romagna che intuì il potenziale artigianale del grano. Questa produzione era portata avanti da donne abilissime – le trecciaiole – che intrecciavano fili sottilissimi, impossibili da replicare con le macchine. È un’eccellenza legata a un comune come Signa, vicino Firenze, dove tra il 1700 e il 1950 c’erano 80.000 persone, in gran parte donne, impiegate in questa lavorazione. Il successo fu tale che si costruì una ferrovia per portare i cappelli a Livorno, da dove partivano per gli Stati Uniti.

Questo rientra anche in un altro progetto a cui teniamo molto: il turismo femminile. Raccontiamo la Toscana attraverso gli occhi delle donne: artigiane, cuoche, operatrici termali, guide, imprenditrici della cultura. Sono spesso loro a scegliere le destinazioni di viaggio, e lo fanno con grande sensibilità. E sono anche attratte da itinerari culturali, da esperienze autentiche.

Ma non c’è solo la paglia. La Toscana ha distretti come quello laniero tra Prato e Pistoia, la seta, la lavorazione dell’oro. A Firenze, ad esempio, esiste ancora un setificio che conserva un orditoio progettato da Leonardo da Vinci. È lo stesso dove si rifornisce anche Jeff Bezos, che ha celebrato recentemente il suo matrimonio in Italia.

Tutto questo testimonia che la nostra cultura è viva, che non si è cristallizzata nei musei. Gli artisti rinascimentali erano anche artigiani: Michelangelo, Donatello, Leonardo si facevano chiamare “maestri d’opera”. La parola “arte” deriva da “ars”, cioè tecnica, manualità. Oggi quell’artigianato vive ancora, e diventa una forma d’arte in sé.

Per il pubblico americano, lo storytelling è una chiave fondamentale. Quanto questa narrazione è efficace nel promuovere la Toscana negli Stati Uniti?

Francesco Tapinassi
Il mercato americano è stato il primo mercato internazionale per la Toscana nel 2024. È un mercato affezionato, con un altissimo livello di soddisfazione e recensioni molto positive, oltre a essere il più alto in termini di spesa media giornaliera. È cresciuto del 30% più degli altri mercati negli ultimi dieci anni.

Ma è anche un mercato molto concentrato: il 75% si riversa sulle città d’arte, in particolare Firenze (65% degli arrivi). Questo ci impone una riflessione. Se non raccontiamo qualcosa di nuovo, il rischio è che l’esperienza diventi frustrante. Le città possono risultare sovraffollate, poco ospitali. Serve suggerire alternative, nuove mete, esperienze autentiche.

Avete anche mappato itinerari in bicicletta. È una strategia che guarda anche alla sostenibilità?

Francesco Tapinassi
Siamo la prima regione d’Italia per chilometri mappati per la bici: oltre 18.000. L’Atlante della mobilità dolce è uno strumento accessibile: si inseriscono tempo, pendenza, tipo di bici, e il sistema propone gli itinerari ideali.

Questi percorsi combinano i tre grandi attrattori della Toscana: la cultura, il paesaggio e l’enogastronomia. Dalla natura incontaminata – la Toscana è la regione con più boschi d’Italia – ai piccoli borghi, fino alle eccellenze enogastronomiche, molto apprezzate dal pubblico americano, con particolare attenzione ai grandi brand vinicoli, che a loro volta sono attrattori turistici.

Il 2025 è un anno ricco di ricorrenze: Michelangelo, Boccaccio, Mascagni. Come avete promosso queste figure negli Stati Uniti?

Clara Svanera
Abbiamo presentato gli highlight del calendario culturale. Michelangelo non si limita a Firenze: la sua arte parte dalle cave di marmo di Carrara, le stesse usate di recente dal film The Brutalist. Michelangelo era genio delle tre arti: architettura, pittura, scultura. E ci sono luoghi minori, ma preziosi, come la sua casa a Firenze, dove conservava liste della spesa…disegnate!

Anche Boccaccio è stato protagonista: il Decameron è stato il primo esempio di letteratura umanista in Europa. Raccontare Certaldo, il suo borgo natale, è stato emozionante. Gli americani sono molto ricettivi, forse anche per quel cordone ombelicale che li lega all’Italia. Parliamo di 25-30 milioni di italoamericani.

Ci sono anche gli 80 anni dalla morte di Mascagni, e stiamo preparando iniziative su Turandot di Puccini, pensata per promuovere il turismo familiare, perché è un’opera-fiaba. E ancora Fattori, il Negroni, la storia del cocktail nato da un conte toscano e oggi tra i più bevuti negli USA. Ogni giorno scopriamo storie nuove, e ogni storia è una nuova occasione di racconto.

Qual è il bilancio della missione americana e cosa vi portate a casa?

Francesco Tapinassi
Nel 2024 la Toscana è stata eletta Best in Travel on the Planet, unica destinazione italiana. Il successo della missione a New York lo misuriamo in due modi: la grande partecipazione ai tre eventi che abbiamo organizzato, e la risposta del pubblico, dei giornalisti, degli operatori.

Il nostro non è un lavoro facile: potrei fermarmi a raccontare Pisa, Siena, Firenze e chiudere in un quarto d’ora. Ma scommettiamo su nuove storie, su piccoli comuni, su artigianato, su figure dimenticate. E quando troviamo riscontro e partecipazione, vuol dire che questa strada è quella giusta. Vale per gli Stati Uniti, ma anche per le missioni internazionali in generale: affetto per la Toscana e curiosità per come la raccontiamo oggi.

E dal punto di vista dei risultati, come misurate l’efficacia di questa strategia?

Francesco Tapinassi
Clara misura già da subito quanti, tra i partecipanti agli eventi, chiedono approfondimenti, scrivono articoli, rilanciano i contenuti. È un primo riscontro, immediato. Ma c’è anche un “caso toscano” nel medio periodo, che ci aiuta a capire quanto questa narrazione, che esce dai binari più battuti, porti risultati tangibili. E i dati, anche quelli, stanno cominciando a darci ragione.

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