Harvey Weinstein è stato riconosciuto colpevole per uno dei capi d’accusa nel nuovo processo per reati sessuali tenutosi a Manhattan, segnando un ulteriore passaggio nella lunga e complessa vicenda giudiziaria che coinvolge l’ex produttore cinematografico. La giuria, composta in maggioranza da donne, ha stabilito che Weinstein costrinse una donna a un atto sessuale nel 2006. È stato invece assolto da un’altra accusa risalente allo stesso anno, mentre per un terzo capo d’imputazione, relativo a un presunto stupro del 2013, il collegio non ha ancora raggiunto un verdetto definitivo.
La figura di Weinstein resta centrale nella storia recente di scandali che hanno coinvolto l’industria dell’intrattenimento. Il suo processo nel 2020 era diventato simbolo del movimento #MeToo, che portò centinaia di donne in tutto il mondo a raccontare pubblicamente episodi di violenza e molestie. Quella condanna fu considerata una svolta, ma venne annullata lo scorso anno dalla Corte d’Appello di New York, che rilevò irregolarità nella gestione della prova e nella selezione dei testimoni. Il nuovo processo ha cercato di rimettere a fuoco i singoli casi, valutando ciascuna testimonianza secondo criteri più restrittivi.
In aula sono tornate le accuse di Miriam Haley e Kaja Sokola, che denunciarono di essere state costrette da Weinstein a subire sesso orale nel 2006, e di Jessica Mann, che lo accusa di stupro nel 2013. Il processo ha fatto emergere una volta di più l’intreccio tra il potere esercitato da Weinstein nel mondo del cinema e il silenzio che lo ha protetto per anni. Il produttore ha sempre negato di aver agito senza consenso, ma per la giustizia statunitense la questione rimane aperta: la giuria tornerà a riunirsi per discutere il capo d’accusa ancora irrisolto.
Negli Stati Uniti, le categorie giuridiche per i reati sessuali distinguono tra diversi gradi di gravità: lo stupro di terzo grado, contestato nel capo d’imputazione ancora sospeso, comporta pene più lievi rispetto agli atti sessuali di primo grado, per cui Weinstein è stato ora condannato. A 73 anni, l’ex produttore è già detenuto per un’altra condanna definitiva emessa a Los Angeles nel 2022. La vicenda giudiziaria, però, continua a interrogare il sistema legale su come affrontare i casi in cui il potere e la coercizione si intrecciano in forme meno evidenti di violenza.
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