Un Papa che già piace e stupisce. Fin dall’ esordio, la pace disarmata e disarmante.
Poi oggi, incontrando la stampa mondiale, ha lanciato il sasso nel grande stagno della comunicazione contemporanea: disarmate le parole e disarmeremo il mondo.
Una missione non solo da condividere ma da sposare in pieno e che riguarda non solo le parole ma anche le immagini; storicamente sono un giornalista televisivo e conosco bene il potere emotivo, simbolico, inconscio delle immagini.
Ma anche le parole sono Potere. Sono azione o comunque la anticipano e la suggeriscono. Non sono solo meri segni verbali, carte da poker nei talk della tv.
Quando la mafia uccide un rivale, lo calunnia prima. Gli toglie l’immagine, la reputazione, lavora sui simboli.
Quando si parla per propaganda e per superficialità, troppo, di terza guerra mondiale, la si rende già possibile sul piano virtuale. Si toglie un tabù, un limite invalicabile del discorso pubblico.
Ma Papà Leone XIV voleva dire di più: il viaggio verso la verità che deve compiere l’informazione non è scisso dall’etica. Informare non è solo un’operazione segnica asettica. Ha a che fare con un’assunzione di responsabilità e di rapporto con la Storia.
Certo ci piacerebbe che le nostre parole, finalmente disarmate perché pure, oneste, vere, disarmassero i potenti della Terra, specie quelli più minacciosi. Ci piacerebbe che il nostro impegno portasse la pace a Gaza, che il nostro impegno mettesse fine alla macelleria del Dombass dove giovani ucraini e russi da più di tre anni perdono la vita.
La geopolitica è il romanzo della mediazione ma anche della brutalità. Però, come diceva Borges, anche se costruiamo un palazzo sulla sabbia dobbiamo pensare, ed essere convinti, che lo stiamo costruendo sulla pietra.
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